L’alba dell’urban dance può essere datata 11 agosto 1973, festa al 1520 Sedgwick Avenue, Bronx: DJ Kool Herc allunga i break di James Brown e i giovani iniziano a “breakare”. Quella scintilla ha incendiato il pianeta.
Dagli upsrock dei primi B-boys, la disciplina si è divisata in stili: popping, locking, waving, ciascuno con dialetti locali – basti pensare al krump nato a South Central Los Angeles come rituale di empowerment contro la violenza di strada.
Negli anni ’90 MTV consacra Michael Jackson e Janet, portando la street dance nelle case globali. La diffusione di YouTube (2005) crea tutorial virali, democratizzando l’accesso: i passi di “Single Ladies” diventano fenomeno di massa. Oggi TikTok amplifica: coreografie da 15 secondi possono lanciare un artista in top chart (pensiamo a Blinding Lights Challenge). Alcuni puristi gridano al pericolo di “diluizione”, ma la verità è che l’urban dance ha sempre assorbito e restituito – è la sua natura osmótica.
Le crew odierne si allenano in “cypher” virtuali su Zoom, partecipano a battle ibridi con giudici in realtà aumentata e monetizzano attraverso Patreon. Eppure il cuore resta la comunità: raduni clandestini nei parcheggi di Seoul, jam notturne a Marsiglia sotto il viadotto A55, laboratori sociali nei quartieri spagnoli di Napoli che tolgono ragazzi dalla microcriminalità.
La contaminazione con il teatro spinge i confini estetici: la compagnia francese Mazelfreten fonde dancehall e arti circensi; il coreano Ambiguous Dance Company mette il waacking su sinfonie di Vivaldi. Dal punto di vista socio-politico, l’urban dance veicola messaggi di Black Lives Matter, questioni di genere e climate justice, grazie a flash-mob virali che raggiungono milioni di visualizzazioni.
Il futuro? Sensori haptic incorporati nei guanti dei ballerini per sincronizzare vibrazioni con la musica, tornei metaverse sponsorizzati dall’NBA e collaborazioni con ologrammi di icone scomparse. Ma la lezione dal Bronx resta intatta: la danza è voce per chi la società tenta di zittire. Finché ci sarà un ritmo sostenuto da un beat, ci sarà un corpo pronto a parlare.