Il merito del così rapido sviluppo del balletto romantico viene di solito attribuito a un solo lavoro, La Sylphide (La Silfide) di Filippo Taglioni, andato in scena per la prima volta il 12 marzo 1832 con la figlia di Filippo, Maria Taglioni (1804-84) nel ruolo principale.
Quest’opera coreografica esprimeva in modo così perfetto la pulsione romantica, da cambiare improvvisamente aspetto al balletto dell’epoca. Lo stile e il soggetto vi apparivano combinati assai felicemente, cosa veramente rara in qualsiasi forma artistica.
Il libretto della Sylphide era stato scritto dal tenore Adolphe Nourrit, che l’anno prima aveva interpretato a fianco di Maria Taglioni l’opera di Meyerbeer Robert Le Diable (Roberto il Diavolo).
Maria aveva sostenuto il ruolo principale nella danza spettrale delle suore morte, coreografata da suo padre. Nourrit scrisse il soggetto del balletto mentre ancora erano in cor-so le prove dell’opera di Meyerbeer, ed è possibile che sia stato ispirato da questa scena, ambientata nella misteriosa atmosfera lunare di un chiostro in rovina.
Tuttavia la sua fonte principale fu il racconto di Charles Nodier Trilby ou le Lutin de Argail (Trilby o il Folletto d’Argail) (1822), in cui una silfide maschio cerca di sedurre una contadinella scozzese e di portarla via al marito.
Ambientata in Scozia (una terra resa esotica e diventata di moda dopo i romanzi di Walter Scott), La Sylphide narrava la storia di James Reuben, un giovane uomo insoddisfatto che lascia le frivolezze del mondo, e la sua fidanzata mortale, per inseguire un’incantevole creatura ultraterrena, la Silfide; la segue fino nel suo regno, una foresta selvaggia e tenebrosa, ma essa sfugge ai suoi tentativi di fermarla.
Reuben, disperato, chiede aiuto a una strega (l’aspetto terrifico del mondo degli spiriti), che gli dà una sciarpa incantata che gli permetterà di legare a sé la creatura.
Ma la sciarpa si rivela fatale per la Silfide, il cui corpo viene portato via dalle compagne nel folto del bosco. Si può forse leggere il balletto come una favola che contiene una morale, James infatti alla fine vede il corteo nuziale della fidanzata insieme al suo rivale, resta il fatto che la figura della Silfide era resa in modo così attraente, che il pubblico non poteva fare a meno di identificarsi con James.
Questo era anche dovuto alla qualità della danza di Maria Taglioni; infatti vi infondeva una tale poesia che tutte le donne, che fossero o non fossero ballerine, cercarono di imitarla; se lo erano, imparando a “taglio nizzare” ossia ad andare sulle punte, se non lo erano, adottando abiti e pettinature “alla Silfide”.
L’interpretazione di Maria Taglioni metteva in luce le possibilità espressive dell’uso delle punte, fino ad allora finalizzate solo al virtuosismo tecnico da parte delle prime ballerine, come l’italiana Amalia Brugnoli.
La Taglioni era straordinaria anche per l’apparente facilità, la leggerezza e la fluida qualità del suo movimento che, insieme al-l’innocenza e alla modestia del suo atteggiamento, la facevano apparire come uno spirito dell’aria, estraneo alle basse passioni umane.
Sylphide determinò lo scatenarsi di una vera e propria mania per un nuovo genere di eroine ispirato alle eteree creature del folclore e non più quindi alle dee, alle pastorelle e alle ninfe del mondo antico.
Questi esseri erano quasi sempre abbigliati in modo simile alla Silfide, con la gonna a campana ispirata agli abiti da sera del tempo, fatta di molti strati sovrapposti di mussola trasparente, cioè con quello che poi divenne famoso con il nome gergale francese “tutù”.
E proprio da questo popolare costume il nuovo genere di danza doveva derivare il nome di balla blanc o balletto bianco.
Il predominio della Taglioni fu assoluto fino al 1834, quando la ballerina viennese Fanny Essler (1810-84) venne scritturata dell’Opéra di Parigi.
Il suo stile era molto diverso da quello della Taglioni, la sua particolarità consisteva nella precisione e nella rapidità con cui eseguiva i piccoli passi veloci.
Il suo tipo di danza veniva chiamato danse tacheté (danza battuta o percussiva) per distinguerla dalla dame ballonné (danza sospesa o aerea), caratterizzata da balzi e da salti di incredibile leggerezza, in cui eccelleva la Taglioni.
Nonostante la direzione dell’Opéra avesse deliberatamente scelto la Essler proprio in antitesi alla Taglioni, non le si poté trovare un ruolo prestigioso come era stato quello della Silfide, fino al 1863, quando debuttò con la Cachucha, una danza spagnola trasposta in danza classica nel lavoro di Coralli Le Diable Boiteux Diavolo Zoppo).
I ballerini spagnoli erano molto di moda e lo rimasero per tutto l’Ottocento a Parigi, a Londra e nelle altre città europee; una di loro, Lola de Valence, venne ritratta da Édouard Manet nel 1860.